Un'ombrina da primato

SASSARI. Come sparare a un'anatra e scoprire che era un tordo troppo cresciuto. Come andar per lumaconi e scovarne uno delle dimensioni di una tartaruga. La cattura di un pesce di 60 chili non fa notizia neanche nelle acque sarde, ma se il pesce è un'ombrina boccadoro sì. «Dieci anni fa - testimonia Silvio Ferruzzi, presidente dell'Associazione italiana pesca subacquea e presente alla cattura -, mi hanno dedicato una intera pagina su un giornale specializzato per una boccadoro di venti chili». Domenica scorsa il sassarese Daniele Pilicchi ne ha catturata una gigante, unica: 60 chili. È un problema di specie. L'Argyrosomus regius, della famiglia degli scienidi, pescata nelle acque di Torre del Porticciolo, tra Punta Cristallo e Porto Ferro, ha sfamato - dopo essere stata suddivisa in decine e decine di pezzi, tutti regalati - numerose famiglie del Sassarese. «Erano più contenti i miei compagni di me, quando sono uscito dall'acqua - racconta Daniele Pilicchi -. Non è la prima volta che sparo un pesce così grande, ma un'ombrina boccadoro sì». «Sì di sicuro - spiega Antonio Pais, responsabile del laboratorio della sezione di acquacoltura e risorse acquatiche del dipartimento di Scienze zootecniche dell'Università di Sassari -: in letteratura è stata documentata una cattura di 103 chili in acque francesi ma l'esemplare sardo è comunque eccezionale, nonostante la specie sia longeva e abbia tempi di accrescimento veloci, tanto che adesso è una specie da acquacoltura. In Sardegna c'è un allevamento a Golfo Aranci. Ma non si pensi che sia un esemplare scappato: ci vogliono anni, per raggiungere queste dimensioni». Dimensioni da squaletto, e tale è sembrata l'ombrina sott'acqua a Daniele Pilichi: «Con un gruppo di amici, tutti professionisti - racconta - abbiamo deciso di fare una garetta tra di noi. I segnali erano positivi: gabbiani, corrente interessante, leggera risacca. Con i primi tiri ho preso pesciacci come tordi e salpe ma il pesce buono c'era e anche i piccoli predatori sembravano nervosi. Un altro bel segnale. In risalita da una planata su un fondale tra i dieci e i venti metri - prosegue Daniele Pilicchi, 39 anni, che fuori dall'acqua fa l'elettricista - ho visto la sagoma con la coda dell'occhio. Andatura sicura, lenta: un piccolo squalo? Fatta una capriola - continua - ho sparato prendendola nella zona superiore della branchia sinistra. Ho subito chiamato un vicino di pesca come testimone, perché non è la prima volta che una preda così grande scappa, poi l'ho tirato fuori. Mi ha un po' deluso, non ha lottato come una leccia o una ricciola, ma è stato comunque molto forte, molto potente». Prima pesatura incerta, con una bilancia insufficiente: circa 60 chili. Forse di più. «Aveva in bocca una salpa, e altre le abbiamo tirate fuori dallo stomaco, poi è vero che perde acqua ma etto più etto meno resta sempre una bella cattura», conclude Pilicchi, che dalla super ombrina ha ricavato una serie di reliquie che ormai stanno facendo il giro di Sassari. Lui ha tenuto la coda (che stanno imbalsamando), e gli otoliti. Poi, le squame, alcune grandi come il fondo di un bicchiere. Dalle gonadi si dice siano stati ricavati alcuni chili di bottarga. «Avrei avuto piacere di esaminarle, per interesse scientifico - conclude il ricercatore Antonio Pais -. Se dovesse capitare ancora, portatecele. Non le mangiamo, promesso».